La Polizia Locale per le funzioni svolte non può essere confinata in una dimensione “ausiliaria” ad altre forze di Polizia con cui quotidianamente intercetta le funzioni e i compiti; il primo presi-dio, a garanzia della sicurezza del cittadino, rimane quello di prossimità; il perimetro locale non deve essere, quindi, funzionale alla marginalizzazione della Polizia Locale ma interpretato come primo fronte per il mantenimento dell’unitarietà delle funzioni Statali.
Purtroppo questo oggi non avviene e diventa sempre più urgente l’esigenza di una riforma che metta fine a incancrenite discriminazioni dovute ad un quadro normativo che ha sempre (ostinatamente) penalizzato gli agenti di P.L. in termini di tutele e valorizzazione delle funzioni svolte.
Gli Uomini e le Donne appartenenti al Comparto della Polizia Lo-cale reclamano un’esigenza di giustizia e di equità rispetto alle funzioni che oggi giorno ricadono su tutto il personale.
Persiste una contraddizione di base che si realizza nel riferimento contrattuale legato all’ente locale come “datore di lavoro” e non alla tipologia di lavoro svolto.
Infatti, molti degli istituti contrattuali del “Contratto enti locali”, applicato alla Polizia Locale, si rilevano troppo spesso inappropriati.
Questo “disagio strutturale” si accentua con la legge 65/86 che nel tempo ha manifestato forti carenze, sfociate in diversi contenziosi che hanno coinvolto vari gradi di giudizio, civile, amministrativo e anche penale, con un comune denominatore in me-rito all’interpretazione della legge 65/86 in materia di funzioni della Polizia Locale e della legittimità degli interventi ad essa attribuiti (sequestro preventivo, all’arresto in flagranza, nonché al fermo dell’indiziato di delitto, alla perquisizione personale e all’uso delle armi).
Rimane palese che tutto ciò è dovuto in gran parte all’effetto di alcuni istituti e principi che restavano, e restano ancora oggi nonostante l’intervento di norme successive, imprecisi generando per molti versi una pericolosa genericità.